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ecco dove sono finiti parte dei soldi che mancano all' Inps Tratto da il


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Subject: ecco dove sono finiti parte dei soldi che mancano all' Inps Tratto da il pungolo
Date: Sat, 25 Oct 2003 12:45:54 +0200

24 Ottobre 2003 


Tra i beneficiari Cossutta, Del Turco, Marini, D’Antoni, Larizza, Occhetto, 
Napolitano 
SINDACALISTI IN PENSIONE: TUTTI I PRIVILEGI 
Grazie alla legge Mosca in 40 mila ricevono l’assegno senza aver versato 
contributi. Nel ’96 l’Ulivo ha introdotto per loro il doppio vitalizio. Un 
costo per l’Inps di 10 miliardi di euro 



Fausto Carioti

Paradosso tutto italiano: a guidare le migliaia di pensionati e pensionandi che 
oggi attraverseranno le principali città italiane per protestare contro la 
riforma della previdenza ci saranno i privilegiati che andranno (o sono già 
andati) in pensione senza che per anni fosse stata versata una sola lira di 
contributi in loro favore. 
Pensionati molto speciali, insomma, i cui assegni gravano o graveranno su chi 
la pensione se l'è sudata sino all'ultimo spicciolo, tutto grazie a una legge 
risalente al 1974, che prende il nome da Giovanni Mosca, deputato socialista e, 
in precedenza, leader della Cgil.
II copione è di quelli già visti: “la leggina" fu presentata come un 
provvedimento destinato a sanare la situazione di qualche centinaio di persone, 
che nei decenni successivi al dopoguerra avevano lavorato per sindacati o 
partiti politici più o meno in nero, cioè senza che a loro nome fossero stati 
versati all'Inps i contributi dovuti. 
Bastava una semplice dichiarazione del rappresentante nazionale del sindacato o 
del partito e si potevano riscattare, al costo dei soli contributi figurativi, 
interi decenni di attività, a partire dagli anni Cinquanta. Piatto ricco, mi ci 
ficco; proroga dopo proroga (l'ultima è scaduta nell’aprile del 1980) la legge 
Mosca è diventata un bastimento sul quale sono saliti quasi 40mila lavoratori - 
reali o presunti - di sindacati e partiti politici. Pensioni facili, 
facilissime. Che hanno procurato alle casse dell'Inps un aggravio valutato in 
10 miliardi dì euro.
Tra i beneficiari della legge Mosca, molti bei nomi della politica e del 
sindacato, gran parte dei quali ancora in attività: Armando Cossutta, Achille 
Occhetto, Giorgio Napolitano, Sergio D'Antoni, Pietro Larizza, Franco Marini, 
Ottaviano del Turco, la scomparsa Nilde lotti. 
Pensioni che si sono andate ad accumulare a sostanziosi vitalizi parlamentari o 
ad altri trattamenti previdenziali. Accanto a questi personaggi noti, un 
esercito di funzionari più o meno oscuri. Chi è ricorso alla maxi-sanatoria 
previdenziale - perché di questo, in fin dei conti, si è trattato -sono stati 
soprattutto il Pci e la Cgil. Botteghe Oscure regolarizzò la situazione di 
circa 8mila funzionari, mentre il sindacato rosso sanò le posizioni dì ben 
10mila dipendenti.
Ovviamente, come lecito attendersi in questi casi, molti ne hanno approfittato 
per farsi una pensione gratis senza averne diritto. Le tante inchieste avviate 
dalle procure di mezza Italia tra il 1995 e il '96 portarono alla luce casi 
clamorosi, come quelli di funzionari che dichiaravano di aver iniziato a 
lavorare sin dalla tenera età di cinque anni, oppure quando il loro sindacato o 
il loro partito ancora non esistevano.
Non solo. Un'altra leggina, votata ai tempi dell'Ulivo, garantisce ad alcuni 
sindacalisti la possibilità di vedersi moltiplicare per due i contributi 
pensionistici e quindi, di fatto, di ottenere una pensione doppia. Lo statuto 
dei lavoratori prevede che ai dipendenti in aspettativa per lo svolgimento di 
incarichi sindacali siano versati, a carico dell'Inps, i soliti contributi 
figurativi, calcolati sulla base dello stipendio non più versato dall'azienda 
di provenienza. Un decreto legislativo del '96, firmato dall'allora ministro 
del Lavoro Tiziauo Treu, uomo vicino alla Cisl, prevede però che i sindacalisti 
in aspettativa possano godere di un ulteriore versamento da parte del sindacato.
Lo steso privilegio è garantito ai sindacalisti distaccati: quelli, cioè, che 
continuano a percepire lo stipendio dell’azienda privata o dall’ente pubblico 
di provenienza pur lavorando esclusivamente per il sindacato.
I base agli ultimi dati disponibili, a godere di questo regime speciale di 
doppio contributo - in vista di una pensione moltiplicata per lo stesso fattore 
- sono 1.793 sindacalisti, dei quali ben 1.278 fanno capo alla Cgil.
Le pensioni non sono il solo caso in cui i sindacati e i loro rappresentanti si 
trovano a godere di regole sociale calibrate su misura. Alle organizzazioni 
sindacali, per citare l'esempio più clamoroso, non si applica l'obbligo di 
reintegro previsto dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. 
In altre parole, i sindacati sono liberi di licenziare i loro dipendenti senza 
correre il rischio di doverli riassumere se un giudice dovesse decidere che il 
licenziamento è avvenuto senza una giusta causa. Inutile ricordare che la Cgil 
e le altre sigle, in difesa di quell'articolo 18 che a loro non si applica, 
hanno scatenato una vera e propria guerra di religione. 










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